venerdì 17 maggio 2024

15.06 ore 12: Radio Versilia parla delle "Tre principesse francesi a Firenze", Pontecorboli


Il libro è presente nelle maggiori Librerie, 

vendita online



Il romanzo inizia così:

Capitolo I
L’azzurro del mare

 

               È una mattina diversa dalle altre. Nella notte si è calmata la bufera sul mare e presto i raggi del sole hanno raggiunto la mia stanza. Come ogni giorno mi sono occupata degli animali e dei lavori quotidiani per la casa; ora ho un po’ di tempo tutto per me. Mi viene naturale pensare ancora una volta a lontani ricordi, alle straordinarie vicende della mia vita lontana da qui, in giro per il mondo. Mio marito riposa nel vicino cimitero della chiesa, sulla strada per il paese, mi ha lasciato da poco, un anno fa, in una mattina come questa piena di luce, invasa da un intenso azzurro, dal mare alla nostra collina.

               Nel silenzio della casa, il mio è un continuo parlare con lui, come fosse ancora al mio fianco, lo interrogo, mi consiglio, gli dico cosa mi passa per la mente, dò voce, ne sono certa, al suo pensiero. Questa mattina ho deciso – anzi, abbiamo deciso – di dare aria all’armadio nell’angolo della camera, aprire i cassetti rimasti chiusi da quando facemmo ritorno in Normandia dopo la morte a Firenze, il 18 maggio 1839, della regina Carolina Bonaparte Murat. Poco dopo l’arrivo, si manifestarono i primi sintomi della malattia di mio marito, che in solo tre mesi, dopo molti patimenti, lo portò alla morte.

               Non c’era stato il tempo di dare un ordine ai tanti ricordi, alle infinite testimonianze di una vita che avevamo portato con noi dopo il lungo periodo trascorso al servizio della famiglia dell’imperatore, delle tre sorelle, le principesse Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat, in particolare. Jean Pierre d’Hautmesnil,  mio marito, era stato sovraintendente alle finanze e, per un certo periodo, quando Elisa era diventata granduchessa di Toscana, dal 1809 al 1814, aveva svolto il ruolo di prefetto della provincia di Lucca.  Negli stessi anni sono stata dama di compagnia di Elisa e, alla sua morte, di Paolina e poi di Carolina.

               Nei cassetti dell’armadio erano finiti, alla rinfusa, appunti di viaggio, cartine geografiche, pagine di diario, diplomi, giornali, quaderni con tracce di racconti e di commedie insieme a disegni, medaglie, corrispondenza. Ben altri erano stati i nostri progetti, si era pensato di riorganizzare le stanze della casa, l’arredamento, dando risalto a queste testimonianze, raccogliendo i documenti in appositi album, mettendo in cornice disegni e medaglie, tutto quanto aveva segnato, in un momento cruciale della storia della Francia e dell’Europa, la nostra vita al servizio di donne straordinarie.

               Le ante dell’armadio cigolano al momento in cui le apro, quasi si lamentano per l’improvviso risveglio, dall’interno si propaga un odore insolito, un misto di lavanda, di cuoio, di polvere. 

                 ......


Tre principesse francesi a Firenze

Sylvia Boucot d'Hautmesnil al servizio delle sorelle di Napoleone

Pontecorboli Editore


- Sinossi -

 

Le  principesse Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat, grazie alla fortuna e alle capacità di uomo d’arme e di governo del fratello Napoleone Bonaparte, si trovarono dalle umili origini in una terra isolata, povera, come la Corsica, a conquistare onori e ricchezze sullo scenario europeo; la sorte fatale poi del generale corso, il crollo dell’impero, determinò il rovesciamento della loro fortuna, la decadenza. Sylvia Boucot fu dama di compagnia, in tempi diversi, per un periodo di oltre trenta anni, delle  tre principesse: di Elisa quando divenne granduchessa di Toscana, di Paolina Bonaparte negli ultimi cinque anni della sua vita, fino alla morte avvenuta a Firenze nella villa di Montughi, di Carolina, che dimorò, e morì, nel capoluogo della regione negli anni trenta dell’Ottocento; sono preziose le testimonianze che ci offre Sylvia Boucot nelle pagine del romanzo che portano a delineare i caratteri diversi delle tre sorelle e, allo stesso tempo, il loro coraggio di donne libere, la loro determinazione e ad illustrare, per altro verso, i volti che mostra il potere, nei diversi frangenti, il modo differente di reagire delle persone, l’affermarsi della nuova classe borghese. In questo quadro, Firenze fa da scenario all’agire dei diversi protagonisti, è all’incrocio di dinamiche particolari, incisive per il futuro della città e del Paese. Si ricercano inoltre analogie con il tempo presente, specie riguardo ai miti che in quei tempi sono stati coltivati, come il mito della nazione e il mito del comandante supremo, del leader, che oggi ricompaiono sugli scenari incerti del nostro presente.

L’opera è così articolata: I     L’azzurro del mare; II Firenze, l’incontro con l’imperatore e le tre principesse; III  Elisa Bonaparte Baciocchi; IV          Il teatro allo specchio; V          Paolina Bonaparte Borghese; VI       Il palazzo Salviati-Borghese; VII Gli ultimi giorni di Venere Vincitrice; VIII  La cappella Paolina della Basilica romana di S. Maia Maggiore; IX       Carolina Bonaparte Murat; X            Firenze accoglie Carolina Murat; XI Piazza Ognissanti, la terrazza sulle acque; XII       Un angolo di Francia; XIII    Firenze sogna; Postfazione;  Perché si scrive ?; Cronologia; Bibliografia. Elementi





 

 


 

giovedì 16 maggio 2024

Alla Camerata dei Poeti 16 maggio: "Percorsi francesi a Firenze" e "Monte Senario e la la poesia di Luzi" - Rassegna di Roberto Mosi

Roberto Mosi – Contributo per Incontro Camerata giovedì 16 maggio

“Rassegna di eventi”

Rubrica a cura di Roberto Mosi

Percorsi francesi a Firenze al tempo di Napoleone

La Francia è oggi di attualità, per l’anno delle Olimpiadi a Parigi, per la partenza del Giro di Francia dalla nostra città, ed altro. Proponiamo di seguire percorsi “francesi” dall’alto, dalla terrazza del palazzo Bonaparte in piazza Ognissanti, che oggi ospita l’Hotel Excelsior. Il palazzo fu la dimora negli anni ’30 dell’Ottocento, di Carolina Murat, la sorella minore di Napoleone: affacciandosi dalla terrazza, vediamo nella piazza il palazzo che ospita L’Istituto Francese, il più antico istituto culturale nel mondo, e l’antica chiesa di Ognissanti dove Carolina è sepolta in una cappella, prossima a quella di Sandro Botticelli, restaurata di recente per rendere onore a lei che dal 1808 fu regina del Regno di Napoli, impegnata nel mondo della Cultura: Napoli, grazie a lei, è fra le prime città a rappresentare “Le nozze di Figaro” di Mozart. Dalla stessa terrazza, guardando verso l’Oltrarno, scorgiamo la grande mole di Palazzo Pitti, dove regnò dal 1809 la granduchessa d’Etruria Elisa Baciocchi, la sorella maggiore. È nota la sua passione per il teatro, anche come interprete di opere classiche: la possiamo immaginare mentre in abiti antichi interpreta nell’anfiteatro di Boboli, la “Fedra” di Racine: Je le vis, je rougit, je palis a sa vue/ Un trouble s’éleva dans mon ame éperdue/. Volgiamo lo sguardo verso Monte Morello, nella parte in basso si innalza la collina di Montughi e la Villa Fabbricotti, dove morì fra atroci sofferenze nel 1825, a soli 44 anni, Paolina Borghese, la sorella più famosa, consegnata al mondo dei miti dalla scultura di Antonio Canova come Venere vincitrice. Ricordiamo di lei la sua passione per la poesia del Petrarca, condivisa con il suo primo amante, Freron, famoso a Marsiglia e a Tolone come instancabile tagliatore di teste nel periodo più aspro della Rivoluzione francese. La nostra ricerca di percorsi francesi non può che terminare osservando dalla terrazza, al di là dell’Arno, la massiccia mole della Porta di San Frediano, da dove entrò (nella sua unica visita a Firenze) il 30 giugno del 1796 il giovane generale Napoleone Bonaparte, accompagnato da un drappello di guardie, comandante delle forze francesi in Italia, destinato ad un futuro di gloria. È immediato rivolgere il pensiero a Beethoven: 3°. Sinfonia (»Eroica «).

 

Sentieri poetici

Leggere a Monte Senario la poesia di Luzi “Vanno ai monti i monti”

Siamo saliti a Monte Senario per leggere ad alta voce davanti al panorama che si apre da questa vetta, la poesia di Mario Luzi “Vanno ai monti i monti” (da "Sotto specie umana", 1999): Vanno ai monti i monti/ da soli o con le nubi/ sulla cresta o ai fianchi, / si uniscono, si salgono sulla groppa, / si celano l’un l’altro, / si confondono/ terra in cielo/ …/. Poco prima della vetta abbiamo percorso il sentiero di Andrea. Nei boschi del Convento di Monte Senario (Vaglia) fu inaugurato un percorso didattico – naturalistico dedicato ad Andrea Zampiero scomparso prematuramente a 39 anni in un incidente stradale nell’estate del 2012. Andrea era un operaio forestale in forza al Servizio Foreste della Provincia, è proprio in questi boschi, che amava molto, aveva cominciato a lavorare ad appena 18 anni. Il tracciato, della lunghezza di 1.250 metri e un dislivello di 40 metri, parte dal Piazzale della Croce e attraversa le aree boscate e i prati nei dintorni del Convento e grazie a 10 tappe debitamente segnalate fa conoscere all’escursionista importanti aspetti storico – naturalistici di questi suggestivi luoghi. Lungo il percorso poi sono state installate alcune panchine e delle tabelle attraverso le quali poter riconoscere 20 specie vegetali tra arbusti e alberi.





 

giovedì 9 maggio 2024

Roberto Mosi, "Itinera", Masso delle Fate /E-book collana LaRecherche - Recensione di Giorgina Busca Gernetti

 


E-book LaRecherche "Itinera", LINK



ROBERTO MOSI, ITINERA 

La Recherche.it, Roma 2010 pp. 89. E-book n. 48 (pdf) 

Recensione a cura di Giorgina Busca Gernetti 


"Il libro Itinera del poeta fiorentino Roberto Mosi già nel titolo in latino, non certo per sfoggio culturale ma per suggerire qualcosa di più di un semplice viaggio concreto, lascia intendere che si sta per compiere insieme con l’autore un itinerario esistenziale metaforicamente espresso con parole e immagini, con poesie dal linguaggio simbolico, limpido e lineare, reso ancor più cadenzato dalle frequentissime anafore, e splendide fotografie a colori in parte scattate da Mosi stesso, in parte maggiore da Andrea Mugnaini. 



I versi, però, non si pongono come didascalia delle immagini fiorentine, italiane o esotiche, né le fotografie come illustrazione delle poesie: sarebbe un grave errore nell’impostazione della lettura valutare in questi termini il rapporto tra i due linguaggi, quello verbale e quello iconico, quello della parola e quello dell’immagine fotografica. 
Talora non c’è un nesso evidente, se non il tema del viaggio, tra le persone e i luoghi rappresentati o evocati con i due diversi strumenti espressivi, perché il poeta narra il suo “peregrinare” cambiando linguaggio tra le varie pagine, così come l’organista cambia talora registro fra un tempo e l’altro della composizione che sta interpretando. Ciò che conta è la coerenza della struttura ideata dal poeta o dal musicista per esprimere il suo progetto artistico, utilizzando gli strumenti più consoni a produrre effetti icastici. Insito in quest’itinerario simbolico, oppure parallelo a esso, è il viaggio reale che Roberto Mosi ha compiuto in varie epoche della sua vita in svariati luoghi della Terra, traendone emozioni profonde e riportando alla luce, grazie alla vista di quei luoghi affascinanti o al ricordo di quelli legati per consuetudine alla sua vita reale, i sentimenti più nobili del suo animo, talora la sua sottile ironia, molto spesso una dolente malinconia e un presagio d’angoscia. 


La fine di ogni viaggio segna l’inizio di un nuovo viaggio, di un’esperienza esistenziale nuova, come si evince dagli ultimi versi della poesia Aqaba: “Ad Aqaba inizia il viaggio / nelle angosce del nostro tempo.”; oppure dagli ultimi di Capo Nord: “Una fredda paura m’invade / a Capo Nord / davanti al mare sconosciuto / un nuovo viaggio comincia / nel mondo dell’angoscia.”. È proprio la fine del viaggio in un luogo che ha appagato l’animo, unita al pensiero del ritorno alla mediocre vita concreta, ciò che suscita quel senso d’angoscia che amareggia e quasi impaurisce il viaggiatore. 
Tutto ha avuto inizio in una corte chiusa da un cancello di ferro in un quartiere dell’amata Firenze, sia nella vita reale, sia nell’itinerario poetico-esistenziale di Roberto Mosi, poiché proprio “nell’infanzia è già accaduto tutto”, come affermava Cesare Pavese nella sua celebre definizione del mito dell’infanzia, cui si deve tornare per comprendere il presente. Perciò nell’explicit della prima poesia, La corte, Roberto scrive: “Con la scatola dei sogni in mano / ho superato il cancello di ferro.”, come volesse dire che dal luogo della nascita e degli anni infantili, in cui ha sognato e fantasticato tra i suoi libri d’avventure e i tesori serbati in una scatola, in breve dall’infanzia, è uscito per andare verso la vita, che è appunto un continuo viaggiare con un “bagaglio” di sogni.



 Il libro è strutturato in sei sezioni: La partenza, Terre di Toscana, Mare, Terre del Sud, Deserti, Nord. Esse pare descrivano un periplo che inizia nell’omfhalόs, nell’ombelico del mondo che per lui è l’amata natia Firenze, la “città cupola” secondo l’icastica definizione metaforica ideata dal poeta per tradurre in icona la sua e altre città dalla forma o particolarità singolare (la “città piazza”, la “città nave”, la “città luna”, la “città dispensa”). 


Il periplo passa poi per vari splendidi paesaggi campestri o città e cittadine della Toscana ricche d’arte e di vestigia storiche; prosegue verso il mare dalla Versilia, solare ambiente di tanti soggiorni estivi, e vaga per il Mediterraneo e per l’Egeo, tra le mitiche isole ove “abitano ancora gli eroi di Omero”; raggiunge i luoghi più belli dell’Italia meridionale, nella terraferma o presso il mare cristallino; discende nell’Africa settentrionale, centrale e nel vicino Medio Oriente dove il poeta subisce il fascino dei deserti di fine sabbia dai vari colori, di cui ha conservato qualche ricordo in cinque coppe di cristallo (la poesia Coppe di sabbia apre appunto la sezione dedicata ai deserti). Giunge infine al “mite calore del mare” solcato dai Vichinghi, da Erik il Rosso invece che da Ulisse, e arriva al gelido vento che sferza Capo Nord dove “ogni viaggio finisce” ai confini del mondo (Capo Nord). “Una magia solleva le nubi / per un momento infinito / il mare vasto di onde senza / alcun riparo di terre, brilla / a Capo Nord.”. 



Dinanzi a questo mirabile spettacolo naturale il poeta sente che è vicino il momento del ritorno dal viaggio iniziatico e, come si è scritto sopra, prova un senso di timore e una profonda angoscia, quella stessa che aveva provata ad Aqaba alla fine di quel viaggio tra i deserti. Il periplo si conclude nel porto di Copenagen, nella cui acqua si riflette lo sfavillio di luci del Teatro dell’Opera (“A Copenagen il filo / si spezza // è l’addio / ai paesi del nord (…). / All’aurora boreale / lego i miei pensieri.”). Molti luoghi senza dubbio compaiono in questo viaggio, ma anche persone della sua famiglia ormai fissate nei ricordi; personaggi celebri delle varie arti immaginati nei luoghi in cui hanno vissuto o soggiornato; vittime strazianti dell’eccidio nazista a Sant’Anna di Stazzema; viaggiatori “pendolari” su un treno affollato; persone ciarliere nelle piazze cittadine; persone singolari incontrate in vari luoghi del Sud; uomini simbolo di una civiltà millenaria come il Tuareg velato dalla tagelmust blu, raffigurato in una bella fotografia scattata a Timbouctou nel Mali. 



Queste presenze dimostrano una volta ancora la natura metaforica del viaggio di Roberto Mosi, compiuto “a divenir del mondo esperto”, “per seguir virtute e canoscenza”. Un viaggio iniziatico, dunque, per conoscere e conoscersi sempre più profondamente. Non è finito, però, tale peregrinare, poiché ad ogni espressione di fine si accompagna la dichiarazione di un nuovo inizio, quasi fosse un “moto perpetuo” che ricomincia daccapo, percorre varie tappe e giunge alla fine per ricominciare dall’inizio, come dimostrano i versi già citati prima: “Ad Aqaba finisce il viaggio”, “Ad Aqaba inizia il viaggio / nelle angosce del nostro tempo.”; “(…) ogni viaggio finisce / a Capo Nord”, “(…) a Capo Nord / (…) / un nuovo viaggio comincia / nel mondo dell’angoscia.” 
Rafforza questo concetto la figura retorica dell’anafora così diffusa nel corpo dei testi poetici. La ripetizione di una frase intera all’inizio di ogni strofa (la più frequente), di un verbo, di un numero dà l’impressione di un continuum che vuole suggerire qualcosa di più del puro significato letterale o dell’effetto formale. 
Chi ha presente il celebre “scherzo” di Johann Strauss Perpetuum Mobile (Moto Perpetuo), oppure quello di Mendelssohn o di Paganini, comprende perfettamente la continuità perenne del viaggio di Roberto Mosi e forse riesce a decifrarne la simbologia. 

Recensione a cura di Giorgina Busca Gernetti 






lunedì 6 maggio 2024

Il romanzo di Roberto Mosi "Tre principesse francesi a Firenze", Pontecorboli Editore - Indirizzo per l'acquisto


 

Tre principesse francesi a Firenze

Sylvia Boucot d'Hautmesnil  e le sorelle di Napoleone

Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat

Per l'acquisto del libro rivolgersi a: 

https://www.pontecorboli.com/scheda.php?codice=mosi 

E’ affascinante seguire le storie delle tre principesse sorelle dell’imperatore Napoleone, Carolina, Paolina ed Elisa, a Firenze e in Toscana, con lo sguardo di Sylvia Boucot che per trent’anni, in tempi diversi, fu al loro servizio come dama di compagnia, nella buona e nella cattiva sorte, secondo le straordinarie vicende del generale corso. Sylvia nella sua esperienza, unica, ha modo di raccogliere le confidenze delle tre donne, i racconti dei loro amori, la loro determinazione e il loro coraggio, i momenti dell’orgoglio per la famiglia di cui fanno parte, il rapporto con il potere, le angosce degli anni dopo la sconfitta di Napoleone, quando la famiglia dell’imperatore è proscritta, perseguitata dalle nazioni vincitrici. Firenze, con la sua storia, lo spettacolo del suo patrimonio d’arte, le sue bellezze, l’effervescenza della società di quel periodo, è fra i protagonisti del romanzo storico.

                                                                   Elisa Baciocchi

                                                       Paolina  Borghese


                                                              Carolina Murat 


Firenze dalla pescaia di S. Rosa

               Giuseppe Zocchi - Firenze vista dalla collina di Montughi dove muore Paolina nel 1825

Librerie, online, biblioteca







venerdì 3 maggio 2024

Elisa Baciocchi e il romanzo "Tre principesse francesi a Firenze", Pontecorboli, di R. Mosi - Raccolta di immagini: parte I

Elisa Baciocchi

Per l'acquisto del libro rivolgersi a:
https://www.pontecorboli.com/scheda.php?codice=mosi

Dal capitolo III.

Elisa Bonaparte Baciocchi

I primi documenti riguardano gli anni trascorsi da Sylvia con Elisa Bonaparte Baciocchi, nel momento dei successi di Napoleone e, poi, della sconfitta, della disfatta finale; scopro subito lo scritto Il Teatro allo specchio, trenta pagine di testo, alcune scritte per esteso, in forma ordinata ed altre con schemi, annotazioni, nella forma di appunti. Riverso il testo in una cartella, vado avanti e nell’ultima parte della sezione scopro, con sorpresa, i disegni del progetto per il monumento funebre della famiglia Baciocchi nella cattedrale di San Petronio a Bologna; un appunto a margine di un disegno segnala che il cuore di Elisa è conservato in un’ampolla nel sotterraneo della cappella, secondo l’antico uso dei regnanti francesi. Sylvia si sentiva parte della famiglia Bonaparte, era presente anche nelle circostanze più intime e personali e nella sua raccolta vi sono documenti di carattere straordinario, raccolti in tempi diversi, come quelli che ora ho davanti agli occhi.


Napoleone Bonaparte




Collegamento raccolta immagini Elisa Baciocchi



                                  La corte di Elisa a Palazzo Pitti, particolare. Benvenuti 

Palazzo Pitti

Fuga di Elisa da Lucca, disegno di Enrico Guerrini



Tre principesse francesi a Firenze

Sylvia Boucot d’Hautmesnil al servizio delle sorelle di Napoleone

Le  principesse Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat, grazie alla fortuna e alle capacità di uomo d’arme e di governo del fratello Napoleone Bonaparte, si trovarono dalle umili origini in una terra isolata, povera, come la Corsica, a conquistare onori e ricchezze sullo scenario europeo; la sorte fatale poi del generale corso, il crollo dell’impero, determinò il rovesciamento della loro fortuna, la decadenza. Sylvia Boucot fu dama di compagnia, in tempi diversi, per un periodo di oltre trenta anni, delle  tre principesse: di Elisa quando divenne granduchessa di Toscana, di Paolina Bonaparte negli ultimi cinque anni della sua vita, fino alla morte avvenuta a Firenze nella villa di Montughi, di Carolina, che dimorò, e morì, nel capoluogo della regione negli anni trenta dell’Ottocento; sono preziose le testimonianze che ci offre Sylvia Boucot nelle pagine del romanzo che portano a delineare i caratteri diversi delle tre sorelle e, allo stesso tempo, il loro coraggio di donne libere, la loro determinazione e ad illustrare, per altro verso, i volti che mostra il potere, nei diversi frangenti, il modo differente di reagire delle persone, l’affermarsi della nuova classe borghese. In questo quadro, Firenze fa da scenario all’agire dei diversi protagonisti, è all’incrocio di dinamiche particolari, incisive per il futuro della città e del Paese. Si ricercano inoltre analogie con il tempo presente, specie riguardo ai miti che in quei tempi sono stati coltivati, come il mito della nazione e il mito del comandante supremo, del leader, che oggi ricompaiono sugli scenari incerti del nostro presente.

L’opera è così articolata: I     L’azzurro del mare; II Firenze, l’incontro con l’imperatore e le tre principesse; III  Elisa Bonaparte Baciocchi; IV          Il teatro allo specchio; V          Paolina Bonaparte Borghese; VI       Il palazzo Salviati-Borghese; VII Gli ultimi giorni di Venere Vincitrice; VIII  La cappella Paolina della Basilica romana di S. Maia Maggiore; IX       Carolina Bonaparte Murat; X            Firenze accoglie Carolina Murat; XI Piazza Ognissanti, la terrazza sulle acque; XII       Un angolo di Francia; XIII    Firenze sogna; Postfazione;  Perché si scrive ?; Cronologia; Bibliografia. Elementi
















 

Paolina Borghese e il romanzo "Tre principesse francesi a Firenze", Pontecorboli, di R. Mosi - Racclta delle immagini: parte II - Per l'acquisto del libro

Paolina Bonaparte 

Per l'aquisto del libro rivolgersi a:
https://www.pontecorboli.com/scheda.php?codice=mosi


"Venere vincitrice", Antonio Canova


Dal capitolo V.

Paolina Bonaparte Borghese

La navigazione fra le carte che riguardano Paolina Bonaparte Borghese è di tipo diverso, fra burrasche improvvise e tempi di bonaccia, in un periodo di tempo più limitato, di soli cinque anni. Paolina è la sorella prediletta e più amata dall’imperatore, con un carattere capriccioso e frivolo ma, allo stesso tempo, generosa, molto legata al fratello Napoleone, che trovò proprio in lei un sostegno affettivo ed economico, soprattutto durante il suo esilio all’isola d’Elba. Nel Memoriale di Sant’Elena41 Napoleone ricorda la generosità della sorella Paolina con queste parole: «Paolina era troppo prodiga, troppo abituata alle spese eccessive. I miei doni avrebbero potuto arricchirla, ma essa amava il lusso, ed essendo benefica donava tutto. Aveva ragione mia madre quando le faceva osservare che con quello sperpero si poteva finire all’ospedale!».


Tre principesse francesi a Firenze

Sylvia Boucot d’Hautmesnil al servizio delle sorelle di Napoleone

- Sinossi -

Le  principesse Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat, grazie alla fortuna e alle capacità di uomo d’arme e di governo del fratello Napoleone Bonaparte, si trovarono dalle umili origini in una terra isolata, povera, come la Corsica, a conquistare onori e ricchezze sullo scenario europeo; la sorte fatale poi del generale corso, il crollo dell’impero, determinò il rovesciamento della loro fortuna, la decadenza. Sylvia Boucot fu dama di compagnia, in tempi diversi, per un periodo di oltre trenta anni, delle  tre principesse: di Elisa quando divenne granduchessa di Toscana, di Paolina Bonaparte negli ultimi cinque anni della sua vita, fino alla morte avvenuta a Firenze nella villa di Montughi, di Carolina, che dimorò, e morì, nel capoluogo della regione negli anni trenta dell’Ottocento; sono preziose le testimonianze che ci offre Sylvia Boucot nelle pagine del romanzo che portano a delineare i caratteri diversi delle tre sorelle e, allo stesso tempo, il loro coraggio di donne libere, la loro determinazione e ad illustrare, per altro verso, i volti che mostra il potere, nei diversi frangenti, il modo differente di reagire delle persone, l’affermarsi della nuova classe borghese. In questo quadro, Firenze fa da scenario all’agire dei diversi protagonisti, è all’incrocio di dinamiche particolari, incisive per il futuro della città e del Paese. Si ricercano inoltre analogie con il tempo presente, specie riguardo ai miti che in quei tempi sono stati coltivati, come il mito della nazione e il mito del comandante supremo, del leader, che oggi ricompaiono sugli scenari incerti del nostro presente.

L’opera è così articolata: I     L’azzurro del mare; II Firenze, l’incontro con l’imperatore e le tre principesse; III  Elisa Bonaparte Baciocchi; IV          Il teatro allo specchio; V          Paolina Bonaparte Borghese; VI       Il palazzo Salviati-Borghese; VII Gli ultimi giorni di Venere Vincitrice; VIII  La cappella Paolina della Basilica romana di S. Maia Maggiore; IX       Carolina Bonaparte Murat; X            Firenze accoglie Carolina Murat; XI Piazza Ognissanti, la terrazza sulle acque; XII       Un angolo di Francia; XIII    Firenze sogna; Postfazione;  Perché si scrive ?; Cronologia; Bibliografia. Elementi



Villa Fabbricotti, già Villa Strozzi, dove muore Paolina. Firenze



Collegamento alla raccolta delle immagini per Paolina





 

giovedì 2 maggio 2024

Carolina Murat e il romanzo "Tre principesse francesi a Firenze", Pontecorboli, di R. Mosi - Raccolta delle immagini: parte III - Per l'acquisto del libro

                                                                      Carolina Murat
Per l'acquisto del libro rivolgersi a: https://www.pontecorboli.com/scheda.php?codice=mosi

                                                                   Gioacchino Murat




Dal capitolo IX.
Carolina Bonaparte Murat

È di ben tredici anni il periodo che Sylvia Boucot trascorre con Carolina Bonaparte Murat, in parte a Vienna, a Trieste e poi, dal 1831, a Firenze dove la regina di Napoli muore nel 1839 a 58 anni. Questa volta non trovo fra le carte immagini di sepolture monumentali, come è stato per Elisa e per Paolina, ma un documento dell’epoca che fa riferimento a un piccolo spazio nella chiesa di Ognissanti, nella parte posteriore della cappella dove si trova la tomba del celebre pittore Sandro Botticelli, della famiglia Filipepi, che aveva le sue radici nel quartiere di Borgognissanti.

“Quando la regina Carolina morì il 18 maggio 1839 nel suo palazzo in Borgo Ognissanti a Firenze, i Bonaparte erano proscritti. Il suo corpo fu portato alla chetichella nella chiesa di Ognissanti a pochi passi da casa sua e per volontà del Buon Governo, la polizia segreta dell’Arciducato, fu custodito nella retrostanza dietro la cappella Botticelli, nascosto alla vista dei fedeli. Letizia Murat Pepoli, la figlia maggiore, che viveva a Bologna dove teneva un famoso salotto ed era soprannominata per questo regina di Bologna, espresse la volontà che la madre fosse sepolta nella sua città.



                                     Il sepolcro di Carolina Murat nella chiesa di Ognissanti